La rivoluzione digitale ha prodotto un reticolo planetario che ha scardinato fortemente le vecchie relazioni tra i vecchi confini nazionali ed amministrativi, tra“pausa” e “mobilità”, tra individuo-casa-quartiere-città e conseguentemente nel merito della percezione ed esperienza nella nostra stessa quotidianità urbana. Oggi viviamo in un “eterno presente”, in cui la memoria ed il futuro sono banditi. Obiettivo è quello di consumare perennemente, in forme compulsive, per garantire alti livelli di crescita economica e sociale, a scala nazionale ed oltre (vedi piattaforme post-industriali del mondo occidentale). Luogo di nascita di questi primi processi sono gli Stati Uniti, almeno dalla fine dell’800 (vedi World Exposition Chicago 1893), per essersi distinti dai modelli di sviluppo della vecchia e superata città europea, nata dalla vecchia rivoluzione industriale. Questo nuovo modello imperialistico ha puntato verso una sorta di dissoluzione fisica della materia e dello spazio fisico urbano. Ciò ha provocato una smaterializzazione fisica urbana, attraverso cui è stato poi possibile gestire e produrre una sorta di narrazione immaginaria, una “realtà artificiale” indotta e sviluppata da linguaggi molto sofisticati, i cui epigoni si sono poi esplicitati nella pubblicità, nel cinema, nella televisione, nella fiction, nello spettacolo, nell’architettura, nella paesaggistica ecc. Si sono così create sempre più realtà parallele, le cui conseguenze hanno poi portato all’ubiquità spaziale e temporale del singolo individuo.
Le realtà urbane, non possono essere più considerate dei “contenitori”, definiti da limiti geografici ed amministrativi, i confini si sono dissolti, non a caso oggi si parla di “flussi” provvisori, di standard, desideri individuali e collettivi continuamente modificabili, difficilmente analizzabili e conseguentemente progettabili. Realtà urbane identificabili con immagini paragonabili a “nebulose”, continuamente e relativamente percepibili.
Quindi per promuovere una realtà fisica territoriale, una specificità geografica, non ci si può appellare ancora alla politica delle “eccellenze territoriali”.
Ciò crea, almeno per le nostre realtà mediterranee e tra queste per la nostra città, una profonda frizione tra realtà fisica ed immaginario prodotto in loco ed in altre sedi, tra esperienza personale e linguaggi legati alla propria tradizionale narrazione; quindi un profondo sradicamento dalle proprie radici fisiche e culturali. Tutto ciò richiede una profonda verifica dello stato di fatto, un nuovo modo di agire, viaggiare, consumare e produrre nelle nostre città e quindi obbliga le competenze professionali ed oltre, cercare di capire in quale contesto si agisce, quali sono le dinamiche in corso, qual’è lo spessore, la qualità di queste nuove relazioni.
Da qui l’esigenza del nostro progetto Time Experience, conseguente all’evento tenutosi il 25/26 Ottobre 2018 dal titolo “Alla ricerca della città perduta”, in cui ci è stato possibile confrontarci con diverse esperienze urbane, differenti discipline e professionalità. Rilevare quanto più possibile differenze e punti in comune, per definire quanto meglio possibile, piattaforme strategiche, interventi comuni, collaborazioni virtuose .
Infatti i radicali scenari che incombono drammaticamente in Europa e nel Mondo, obbligano a rettificare urgentemente, modi di vedere, pensare, decidere sulla nostra funzione urbana, sul nostro contributo e sulla nostra consapevolezza storica. Questo contesto ci obbliga urgentemente a ri-convertire punti di vista, immagini, idee sui modi con cui bisogna analizzare, progettare, intervenire, gestire e governare i nostri territori.
Ad esempio il tema del “viaggio” nella nostra città e conseguentemente del suo ruolo nel contesto internazionale, offre di fatto, a tutto il sistema italiano la possibilità di rimettere in discussione la propria agenda strategica, per poi innescarla sui temi avanzati delle grandi filiere di produzione e consumo globali dedicate alla cultura, ai beni culturali, al cibo, al bere, all’alimentazione, alla più generale sostenibilità ambientale e territoriale.
Il nostro progetto tenta di rivolgersi a tutte le persone che amano la propria città, a chi coltiva un “senso” profondo della propria esperienza, attraversata da infinite sfaccettature di “senso”, capaci di confrontarsi con le complesse variabili del fenomeno “globalizzazione” e le sue ricadute sul “locale”.
E’ nelle grandi metropoli moderne che si produce il grande flusso della comunicazione globale ed è in esse che si scandiscono e producono i linguaggi necessari per qualificare ed innovare permanentemente questo flusso. L’architettura, l’interior design, il design pubblico, il cibo, il bere, l’alimentazione, la musica, l’arte, la moda, riflettono ampiamente ed in modo profondo questa specificità urbana. Nostro compito è rilevare queste differenze. Bisogna mapparle attraverso un lavoro molto articolato e diffuso sul territorio.
Quindi spazio e tempo, pausa e mobilità, le macchine della memoria (musei) e le linee del flusso legate alla mobilità urbana, iniziano ad essere paradigmi strategici per coltivare un nuovo modello di sviluppo territoriale, dove cibo-bere-alimentazione-spazio gastronomico (pubblico e privato), design (pubblico e privato), spazio (pubblico e privato), spazio sociale (virtualizzato), spazio commerciale, codici stilistici urbani, moda, si confondono in un modello caratterizzante e specifico, fortemente condizionato e radicato nel locale, ma nello stesso tempo simultaneo e partecipante al grande flusso delle onde sviluppate dalla rete planetaria.
Per questi motivi, subito dopo, il 26 Ottobre, ci siamo impegnati a promuovere il nostro progetto dal nome “TIME EXPERIENCE”