Come nasce il Salone del Mobile? Il primo nucleo fondante del Salone del Mobile è stato naturalmente la Fiera Campionaria nel 1961, con 328 espositori e 12.100 visitatori (ricordatevi bene queste cifre, per capire bene il fenomeno). La Fiera, in quel periodo, è solo la vetrina di una filiera più larga sul piano territoriale, che inizia ad articolarsi in forme quasi spontanee. Ma in questo caso la spontaneità non è sintomo di caos, confusione e mancanza di regole, ma dalla profonda affermazione di una cultura territoriale, di un "ethos", derivante da relazioni profonde con il proprio "tempo", dalla volontà di affermare un proprio potere identitario sul proprio territorio. Il potere del "fare". Lunghe filiere costituite da artigiani, piccoli imprenditori, tecnici-progettisti, designer, supporti finanziari, esperti di comunicazione hanno via via, sempre più affinato, un format urbano-territoriale, in sintonia con le tendenze del "life style" globale. Infatti nel 2000, in piena fase post-industriale, ha la capacità di leggere bene nelle pieghe di riflusso funzionale dei suoi spazi e si apre ad una convinta sperimentazione d'uso urbano, come l'allargamento del Salone del Mobile al Fuori Salone, in Zona Tortona, nei pressi del fascio binari di Porta Genova insieme ad altre realtà commerciali diffuse in città. Da allora una crescita esponenziale sino allo scorso anno dove abbiamo: 435.000 presenze da 188 paesi; 2.350 espositori su 205.000 mq. di superficie espositiva, 550 giovani designer al Salone Satellite; tutto ciò solo nella nuova Fiera di Rho. Poi 500.000 visitatori al Fuori Salone, cioè distribuiti in 1.400 eventi e 560 feste o party organizzate in 11 distretti urbani con forte identità urbana come: Brera, Lambrate, Isola, Porta Venezia, Ventura, Bovisa, Triennale ecc. ; 1200 strutture di accoglienza tra hotel & accomodation, +75% rincaro medio affitto in zona Tortona, 23.000 imprese coinvolte, 150.000 addetti ai lavori, 230 milioni di € come volume di business stimato, 38 milioni di € incasso degli albergatori , 80% delle camere occupate negli hotel della provincia di Milano fino ad Arona, 20 milioni d'incasso per catering, ecc. ecc. Tralasciamo tutta la ricaduta su tutto il mondo pubblicitario, attraverso reti digitali social, riviste, articoli, informazione televisiva e cartacea. Insomma uno degli eventi urbani più importanti al mondo, se non il più importante, in questo settore. Come vogliamo chiamare tutto ciò? Alla luce di tutto ciò, non è qualcosa che va studiato, analizzato per ricavarne delle lezioni, che forse non possono valere per la nostra realtà urbana, ma almeno ci permette di capire il termometro della "città" e quale direzione sta tentando d'imboccare. Capire se Milano risponde solo ad essa o ad un modello riproducibile in altre realtà. Infatti con la sua Expo del 2015 ha tentato di rispondere a questa domanda? L'Expo che Renzi volle a tutto i costi è in sintonia con la Milano di Salvini? I temi del Cibo, del Design, della Moda, della Finanza, rispondono a questa domanda? Oppure ognuno va per conto suo, seguendo solo il profumo dei propri interessi? Insomma Milano può essere un modello per altre città?
La storia di Fuorisalone, intervista a Paolo Casati | Video Sky