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Alla ricerca della città perduta - Napoli 25-26 Ottobre 2018 (Italo Ferraro)

Giovedì 25 Ottobre 2018

Incontro tenutosi presso Sala Circolare-Cortile Palazzo FONDI –Via Medina 24- Napoli

“Nuovi sguardi sulla città , attraverso i volumi  di “NAPOLI-Atlante della Città Storica”   Ed. Oikos  - Verso un INFO-POINT URBANO

Intervento di Italo Ferraro - Focus storico sull’area urbana che interessa l'area Bovio.   

 

“ …..Se si guarda la mappa emessa dal comune a fine XIX sec., proprio per poterne progettare il risanamento, si può vedere questa straordinaria struttura urbana costituita da fondaci, dove al posto di  Via Depretis c’era una strada di congiunzione, tra quella che oggi è la moderna Piazza del Municipio sino al centro storico, in zona moderna Piazza Borsa. Una zona molto compatta e intricata, che poco prima del risanamento verrà diradata per farne una grande piazza chiamatasi “Piazza di Porto”. Questa oggi la si può ammirare nelle carte dei lavori pre-risanamento e costituisce uno dei primi esempi di diradamento.

Successivamente il piano di risanamento sarà costituito da due elementi a forcella: una risedente nell’attuale Piazza della Ferrovia, l’altra nell’attuale Corso Umberto I. Una strada  che saliva verso le zone delle Fiorentine e l’altra verso Castel Nuovo, ora questa è l’attuale Via Depretis, prima l’antica strada di porto, e zona di mercato e nonostante le forme non siano cambiate moltissimo, le funzioni sì. La strada di porto era ricchissima di mercati e che per la zona di Rua Catalana aveva il senso che per i Quartieri Spagnoli avrà successivamente Via Toledo.

Via Depretis ha subito innumerevoli critiche, ma dobbiamo pur concordare che è una delle strade più belle progettate in quel risanamento, purtroppo oggi non è una strada «viva», il cittadino non la sente come propria e quindi risulta sporca e decadente.  La bellezza formale non coincide con il funzionamento urbano. La relazione intima tra la vita di porto, l’aspetto commerciale, le logge, l’aspetto rappresentativo tra nobiltà e industria manifatturiera, sono oggi persi e soprattutto non riscontrabili. L’unico senso mantenuto è quello della zona a funzione abitativa e il livello più basso. Venuto a mancare il senso della città, oggi è sostituito con un altro.   Oggi ci sono edifici residenziali che hanno carattere pubblico rispetto agli originali.

I fondaci erano abitazioni a due piani, bottega al primo livello, casa al secondo.  Le forme elementari, e nel caso di contadini al di sotto animali, vasche per i tintori, una sala per i lattonieri, la bottega per il mercante. Al piano di sopra si dormiva. Quindi un cubetto col tettuccio, di cui le forme e le funzioni sono riscontrabili in qualsiasi società del mondo.

La città mercantile è spesso legata alle acque, al porto, e nel caso di Napoli comprende un’area molto estesa, dal Castel Nuovo sino alle Torri del Carmine, una misura precisa della città tra XIV e XV sec.

D’altro canto questi due grandi edifici, Le Torri del Carmine e il “Maschio Angioino”, che hanno entrambi origine nell’epoca mercantile, ossia quella angioina, hanno costituito per lunghissimo tempo i confini della città e questa forma di città lunga è durata almeno sino al XVII sec. Fin quando appunto questa non si è espansa nelle direzioni di Capodimonte, S. Efremo, Vomero,  costituendo  dei borghi, con caratteristiche e problemi completamente diversi e con densità nettamente inferiore rispetto a quei fondaci di cui parlavamo.

E qui in Palazzo Fondi, ci troviamo esattamente nel cuore di quella città mercantile. D’altronde la Chiesa dell’Incoronata, nonostante abbia perso tutto il suo carattere evocativo, è uno degli elementi principali e testimonianza di quella società. Interessante è che per un certo senso questo pezzo di città è restata zona adibita agli affari, al business, questo ne ha scaturito quelle trasformazioni che si riscontrano in tutte le città europee.

Eppure Napoli vive di diversi fattori, e come esempio porto l’edificio del quartiere dove oggi c’è la Banca d’Italia, che sostituì Palazzo Sirignano, un palazzo abbattuto della quale il magnifico portale fu perduto. Quando si hanno grandi trasformazioni molto scompare, ed è compito di noi ricercatori di provare se veramente nulla più si trova. Spesso le soluzioni son due, o si trova sepolto in sito, oppure qualcuno se ne appropriato. Quel portale oggi si trova in Via Aniello Falcone, nella Villa di Leonetti.

Altro caso che mi è capitato di ritrovare il chiostrino della Chiesa di S. Maria Annunziata. Il Chiostrino dei Saggi Quaranta del XV sec., avente bellissimi pilastri poligonali, archi catalani,  dato per scomparso perché incrociava il tracciamento del Corso Umberto e così sembra scomparire. Lo trovai al nido dell’Annunziata, grazie a dei calcoli. Chiesi e mi fecero calare dalla finestra su dei tettucci che erano quelli delle caldaie, una volta arrivato mi girai e trovai queste cinque arcate, così lo ritrovai. Qui vi invito a riflettere su una questione, io ho una rubrica sul Corriere del Mezzogiorno, che si chiama “Napoli svelata” nella   quale una signora mi fece un appunto sull’articolo che narrava del mio ritrovamento rimproverandomi che la rubrica era molto interessante, ma che ero troppo «ottimista», con questo intendeva dire, che nei miei articoli, mancava quel tono di denuncia e veemenza che sui temi urbani di solito è la prassi.

Di fronte al chiostrino dell’Annunziata ebbi un momento di incertezza, in quel momento pensai che faccio? Mi «incazzo» o mi compiaccio del ritrovamento? Scelsi la seconda e questo fece sì che la mia amica mi rimproverasse.  Questa incertezza a Napoli c’è sempre, quel che si vede ci fa «incazzare» e ci entusiasma. A molti li fa «incazzare» solamente. Personalmente trovo che questo compiacimento possa essere associato a due splendidi occhi neri che escono da un viso sporco, in una condizione di difficoltà. Ma queste caratteristiche sono proprie di Napoli o della città contemporanea?

È questo il tema che ci propone oggi l’architetto Mario Mangone. Personalmente penso siano caratteristiche della città contemporanea, e frutto di questo pensiero, i confronti con altri ricercatori o architetti.

Napoli sicuramente può rappresentare forse di più, forse meglio, una questione che riguarda tutte le città europee. Si parla di «città contraddette». Una contraddizione che non credo sia mai stata così palese quanto oggi.  Oggi si manifesta in modo frontale, ma ha radici molto prima, in tutte queste realtà europee la base è la contraddizione.  Qui è nata quando i fondaci a due piani, con la fontana in mezzo e la vita comunitaria a partire dal XVII sec.,  cominciano a diventare di tre, quattro, sei piani e quindi a perdere proprio il senso della tipologia. Diventano così un modo in cui la città che tracolla sotto il problema dell’inurbamento, risolve il problema dell’abitazione per cittadini che non hanno un lavoro. Cittadini che vengono dalle campagne cercando quello che la città non può offrirgli. E in fondo non mi sembra un fenomeno poi così lontano dalla nostra realtà contemporanea.