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Intervista a Francesco Morace /Future Concept Lab (by Mario Mangone)

Intervista a

Francesco  Morace

Direttore di  Future Concept Lab

18 Settembre 2008 -Milano

a cura di Mario Mangone

 

Esattamente da venti anni io dirigo un Istituto di Ricerca che si chiama Future Concept Lab, che da sempre lavora sul tema locale-globale. Nella direzione di questa grande sfida, che è l’unica vera sfida che ci troviamo un poco  tutti ad affrontare.  L’idea è stato da un lato, di creare nel mondo cinquanta luoghi e di avere cinquanta persone che lavorano con noi, in quaranta città del mondo, per avere in tempo reale, per esplorare, raccogliere ed analizzare il cambiamento che in questi luoghi avviene nel quotidiano. Quindi stiamo parlando davvero della vita del  quotidiano, di dove le persone vivono del loro comportamento, al di là dei valori. Questo significa avere un’osservazione totale immediata, in tempo reale dei segnali deboli e forti del cambiamento.

 

Questa osservazione ci ha permesso di capire che il problema, o meglio,  il conflitto locale-globale è un falso problema, perché di fatto, quello che sta avvenendo è nei luoghi e quindi nei “mondi locali”.  Sicuramente una influenza di visioni imprenditoriali, economiche e culturali che arrivano dal mondo globale, ma che vengono immediatamente metabolizzate dai diversi luoghi. Quindi non è vero che la globalizzazione corrisponde ad una grande omologazione sul modello americano, sul modello occidentale. Questo non è vero. Se voi andate in India vedrete come McDonald’s sia una esperienza totalmente diversa da quanto avviene in Cina o in Brasile. Quindi le culture locali hanno tutte le carte in regola per potere modificare, trasformare ed a volte svuotare dall’interno il modello globale e questo è un primo aspetto importante. Il globale non vince sul locale, ma è il locale che utilizzando gli “stimoli” globali, si modifica, si dinamizza . Allora da questo punto di vista l’energia culturale che arriva da questo incontro-scontro, tra globale e locale è un grande patrimonio su cui poter costruire anche nuovi progetti.

 

Secondo aspetto è che questa sorta di grande gioco, tra globale e locale sia ormai totalmente trasferito in rete, nel mondo virtuale,  nel mondo del web e permette quindi ad una generazione, che è quella che noi definiamo dei link-people, cioè delle persone connesse, delle persone che creano anche collegamenti inaspettati tra vari mondi, tra diverse discipline,  tra vari punti di vista diversi, di interagire in questo grande gioco, per diventare protagonisti di questa globalizzazione in rete. Questo non significa affatto scontro tra globale e locale, tra reale e virtuale, ma significa creare delle dimensioni di permeabilità, tra l’uno e l’altro, in cui la forza del reale diventa  motore di visioni virtuali e viceversa. Quindi è tutto molto più articolato ed interessante. Mi verrebbe da dire di quanto si potesse immaginare, non c’è omologazione, è un momento di grande creatività, anche  di creatività diffusa, di grandi opportunità, anche proprio per le persone. Non a caso oggi non parliamo più di consumatori ma di “consumo-autori”,  persone che sono autori della loro stessa esistenza. Allora partire da questa stessa straordinaria ricchezza, di stimoli che arrivano dal basso,  significa immaginare progetti sul territorio o sui sistema paese, che hanno  un segno diverso, che hanno un vero cambiamento d’epoca.  

 

 

 

Da alcuni anni si parla della fase che stiamo vivendo come un’epoca di grandi cambiamenti. Io credo che ormai siamo  alle soglie di un cambiamento d’epoca che è una cosa un poco  diversa e cioè dobbiamo attrezzarci per affrontare un nuovo paradigma delle visioni politiche sociali, culturali legate al territorio ed alle nuove tecnologie.

All’interno di questa grande sfida che credo sia importante affrontare con lucidità ed anche con tempestività, il rapporto ad esempio tra nord e sud in Italia, va completamente ripensato e rivisto, perché il nord che ha comunque dimostrato un’efficienza, manca invece di una energia che è quella più tipica del sud, che a sua volta manca di una visione, non dico sistemica, che sarebbe troppo, ma su un qualcosa di minimante condiviso. Credo quindi che si possa delineare un percorso che è un progetto nazionale,  in cui il concetto stesso di “Sistema Paese” non è quello tradizionale. E’ inutile pensare che in Italia si possa convergere su  un’idea  di sistema paese alla francese, alla tedesca, quindi con una coerenza ed una contiguità totale. Credo invece sia importante valorizzare quella che ancora oggi rimane la grande forza dell’Italia e cioè la sua molteplicità, dal punto di vista del  “genius loci”, dal punto di vista dei talenti del luogo, che devono rimanere tali, ma che devono cominciare almeno ad incontrarsi ed a misurarsi uno con l’altro. Quindi avere una “piattaforma”  su cui un po’ è quello che ci insegna il web; quindi non tanto una convergenza di coerenze predefinite o programmate, ma un grande territorio in cui cominciare ad esplorare la diversità, prendendo però delle decisioni che   siano più chiare e più precise, perché misurarsi con l’”altro”, con la diversità, anche solo culturale, del nord, del centro e del sud, significa avviare un dialogo, una conversazione strategica. Questo credo sia il primo obiettivo che il “Sistema Italia” deve darsi e questo credo che sia il primo progetto che ciascuna delle aree italiane può, in qualche modo, avviare.

 

Cominciare a lavorare ed esplorare  le ragioni del proprio essere in un certo modo e quindi senza le classiche scorciatoie del tipo ”…siamo meglio noi…sono meglio loro…”, ma ragionare dalle proprie caratteristiche ed identità. Poi nel momento in cui   si capisce che l’”identità” è un sistema di relazioni, si tratta di rendere la propria identità molto più flessibile, molto più dinamica, all’incontro con quanto in altre aree sia stato già fatto.

Quindi direi come primo aspetto una sorta di mappatura dei progetti in atto e dei talenti dei luoghi, che è una cosa che  in Italia  si è fatto solamente in forma di stereotipi o di folklore, di regionalismo, o di localismo;  non è questo evidentemente il respiro della visione. Bisogna tornare a questa mappatura con un obiettivo preciso, che è quello di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, quello di avere una visione addirittura internazionale. Questo è il momento in cui nel mondo si ha una grande fame d’Italia, di italiani, di Made in Italy, di qualità della vita italiana, che altri capiscono e che noi non siamo in grado di comprendere. Bisogna ripartire, come ho un po’ raccontato in un piccolo libro, dal “Senso” dell’Italia, quindi capire come questa molteplicità, in cui ovviamente troviamo il nord, il sud, il centro, possa agganciarsi ai talenti locali, ma come questi talenti poi abbiano una sintonia, per ripartire dalla quotidianità, ripartire dalle classiche tre effe italiane: dal “fashion”, dal “forniture” o dal “food”, che spesso ricadono nella banalità dello stereotipo. Quindi dalla moda, dal design, dal cibo, dalla qualità della vita può esserci quel collante che ci permette di valorizzare le specificità locali.

 

Allora se partiamo da questa mappatura e poi cominciamo a misurarci senza pregiudizi e senza neanche complessi di superiorità ed inferiorità, perché se noi partiamo dalla qualità dei luoghi il nord e sud si equivalgono, il centro si equivale, abbiamo un grande patrimonio da cui,  noi tutti, credo si possa ripartire. Portata avanti questa mappatura, si tratta di cominciare ad imbastire dei progetti, che sono strategici ed in cui gli elementi dell’uno e dell’altro possono diventare utili; perché ci sono delle capacità al nord che sicuramente al sud non ci sono, ma ci sono  delle qualità o ad esempio un vissuto del tempo, della vita,  delle relazioni, che al sud ci sono e che al nord si rischia di perdere. Quindi si tratta di lavorare su una sorta di alleanza, su un circolo virtuoso, uscendo da circoli viziosi, che sono stati per decenni, se non per secoli il tratto dell’unità d’Italia. Uscire dai circoli viziosi ed entrare nei circoli virtuosi. Capire cosa uno può fare meglio dell’altro e su questo  ragionare insieme e davvero lanciare una “Visione Paese”, che non è “Sistema Paese”, perché nei sistemi non siamo bravi, non siamo svizzeri. Il problema non è sistematizzarsi,  il problema è relazionarsi e poi giocare anche questa sfida. Io credo che tra i talenti si debba continuare ad essere collegati a quel carattere tipico che ci arriva dall’Italia dei Comuni, delle Repubbliche Marinare, che ancora oggi deve essere il tratto di questa  visione all’italiana. Un “Italian-way” che non è la regola che vince, perché da noi questo non funziona, ma ci permette di allinearci su un pensiero strategico comune, in cui però ognuno gioca la sua partita, ciascuno valorizza la propria qualità,  il proprio talento.

Se si riesce allora a creare questa “piattaforma”, che può essere considerato appunto come un portale web, un luogo dove si comincia a ragionare e discutere di queste cose, credo che lì ci possa essere la scintilla che alla fine,    sia  la sede  della grande motivazione e cioè la “passione personale”.

 

Io credo appunto che  ciò  possa essere un progetto molto appassionante, molto divertente, di grande crescita, sia di chi lo porterà avanti, sia di chi poi ne potrà fruire. Ecco giocare quindi in casa, da questo punto di vista, valorizzando le energie e lanciando  il cuore oltre l’ostacolo, dimenticando   tutti i pensieri pregressi e tutti i pregiudizi, che sono veramente molto profondi, che hanno creato una sorta di incrostazione su questi temi, che non si riesce in nessun modo a smuovere.

Rigenerarsi e su questo e coinvolgere davvero le nuove generazioni, perché se si usano i linguaggi giusti, i canali e gli strumenti giusti, credo che i ventenni ed i venticinquenni, su questa cosa, possono darci un grandissimo contributo. Si tratta allora di essere creativi nelle pratiche che si adotteranno in questo progetto.

 

I valori credo che siano chiari e su questo credo ci sia una condivisione, anche pratica, con quali linguaggi e con quali regole.  Se riusciamo a fare tutto questo, credo veramente si potrà diventare negli anni  e quindi attraverso il 2011 - 2013 – 2015,  città di riferimento, da Genova a Napoli,  fino a Milano, ci possa essere una visione che finalmente abbraccia questa grande complessità e molteplicità di talenti, che non dobbiamo in alcun modo omologare ed appiattire. Intanto perché non siamo in grado di farlo e poi perché questa è invece la nostra grande ricchezza su cui bisogna puntare.

Quindi una piattaforma su cui iniziare ad inserire questa lettura, questa mappatura, anche molto tranquilla del territorio e poi piano piano su essa rigenerare le visioni e provare poi a puntare al bersaglio grosso che è quello di una “Visione Italia”, che nel mondo possa confermare le aspettative che oggi esistono al di fuori dei nostri confini; lo dico da operatore che lavora molto nel mondo e nei diversi continenti  ed assiste allo sconcerto di chi si aspetta dall’Italia un salto di qualità che non arriva mai. Quindi in questo senso credo che ci siano tutte le condizioni macropolitiche, macroeconomiche perché questo progetto possa diventare realmente di successo.