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Intervista a PAOLO VERRI (by Mario Mangone)

PAOLO VERRI

Direttore ItaliaCentoCinquanta

milleottocentosessantunoduemilaundici

Giovedì 17 Luglio 2008-Torino

 

 

L.Ferguson, in una sua recente intervista, dice che ci sono due grandi soggetti nel contemporaneo: le Città e gli Imperi. Se questa cosa è vera, e probabilmente è vera, il ruolo delle città aumenta e il ruolo delle “nazioni” diminuisce.

ìPer noi, che in questo momento ci stiamo occupando a costruire le Celebrazioni del 150 ° dell’Unità d’Italia, il tema è quanto mai appassionante. Da un lato dobbiamo capire che cosa le “nazioni” vogliono, devono o possono fare in futuro e dall’altro,  ci rendiamo conto che noi abitiamo in una città e facciamo  questo lavoro in una città precisa,  lo facciamo per questa città e  proprio con l’etica di questa città.

 

La città è Torino. La città dalla quale è partita l’unità d’Italia e per molti è stato anche  vissuto come un problema, un ostacolo. Io credo che, sinceramente, non si potrebbe pensare oggi da parte di nessuno, seriamente, un’Italia disunita. 

Tutti continuano a parlare di un’Italia federale,  noi vediamo la concreta difficoltà di questo federalismo,  vediamo non soltanto il problema economico, che non è riuscito e non si riesce soltanto a mettere a punto il trasferimento dei fondi,  ma anche soprattutto cosa si possa in uno stato così sostanzialmente anarchico,  fatto di tanti individui-individualisti, come gli italiani, cercare di capire,  come immaginare il futuro,  fatto da frammenti di nazione da sub- regioni o sub-aree,  che dovrebbero essere il più possibile indipendenti.

 

L'Italia ha una storia forse solo simile a quella della Germania,  non siamo  la Francia, la Spagna e nemmeno  l'Inghilterra, però sicuramente in questa tradizione regionale, con la nostre lingue, i nostri dialetti,  la nostra cultura enogastronomica,  la nostra cultura letteraria,  la nostra cultura figurativa,  non possiamo permetterci di non essere una nazione e soprattutto non possiamo permetterci, noi come singole città, di immaginarci separati da altre città.  Non possiamo non immaginarci un sistema di città e un sistema di metropoli.

 

Ecco perché il lavoro che stiamo svolgendo verso il 2011, da un lato punta a valorizzare in maniera fortissima, quanto Torino ha già fatto in occasione delle Olimpiadi del 2006.   Torino a partire dal 1993 ha avviato un percorso fortissimo di trasformazione, nel 1994 ha pareggiato il suo bilancio,  nel 1995 ha fatto il Piano Regolatore,  nel 1996 ha  aperto la prima agenzia di attrazioni di imprese dall'estero,  la prima in Italia nel 1997, ha aperto la prima agenzia di attrazione  del turismo, nel 1998 ha fatto il piano strategico,  nel 2000 ha fatto l'asse,  nel 1999 ha vinto a Seul le Olimpiadi,  che sono state un incredibile successo nel 2006. Queste cose hanno consentito alla città di non declinare, hanno consentito di portare nel nostro territorio 7,5 miliardi di euro 15.000 miliardi di vecchie lire,  un valore pari al 10% del PIL regionale,  allo 0,33% del PIL nazionale. Questi valori potrebbero non essere propri solo di Torino,  potrebbero essere di Napoli nel 2013,  lo saranno con certezza per Milano nel 2015,  potrebbero essere riapplicati,  se Roma avrà ancora voglia di candidarsi come sede delle Olimpiadi per Roma nel 2016 e nel 2020.  Di sicuro il modello Torino è un modello che noi abbiamo importato dall'estero, abbiamo imparato principalmente da alcune grandi città spagnole come Barcellona e Bilbao e altre città straniere come Glasgow, Stoccolma, Monaco di Baviera,  tutte città che hanno per prime superarato la fase novecentesca del fordismo,  dove le città sostanzialmente nascevano per dare spazio al lavoro operaio,  nascevano per dare forza al contesto manifatturiero e sono uscite da questo contesto diventando città equilibrate,  città che basano il proprio essere il proprio divenire su più elementi, non su uno soltanto. 

 

Monaco di Baviera non è più soltanto città fabbrica dedicata all'automobile,  ma ha per esempio una straordinaria fiera, un grande hub aeroportuale ed  ha una straordinaria concentrazione di imprese sulle biotecnologie.  Glasgow ha ripreso la grande produzione del design di Mackintosh di inizio ‘900, per fare del design, della comunicazione, dell'arte contemporanea, ma anche del sociale una delle sue priorità.

Bilbao ha avuto questo grande gesto architettonico del Guggenheim,  ma intorno ha costruito un nuovo lay-out,  di città  ha ricostruito il suo porto,  il suo centro congressi  e così facendo ha fatto capire al resto del modo che continuava a essere un grande centro finanziario,  capace di investire fortemente nei suoi territori.

 

Il caso esemplare, più esemplare di tutti, è quello di Barcellona,  che ha saputo uscire dal fordismo, diventando la città del socialismo, la città contemporaneamente dell'impresa e del divertimento e aprendo, grazie alle Olimpiadi, tutto il lungomare .

Torino ha avviato un percorso simile a cercato di mettersi in un contesto europeo, diventando lo snodo dell'Alta Velocità fra Milano e Lione e nel senso più estremo,  sul margine del “Corridoio 5”,  fra Lisbona e Kiev. Tuttavia tutte queste città,  inclusa Torino,  non possono immaginarsi, come dicevo già prima, un futuro senza una forte relazione con altri territori urbani, specialmente in questo momento,  in cui la vecchia Europa si confronta con il Far-East, sempre più aggressivo, dove non abbiamo soltanto la Cina e l'India,  ma abbiamo per esempio la Corea, in straordinaria espansione ed  un Vietnam, che comincia grazie ai numeri ad immaginare di avere un ruolo,  un’ Australia e nuova Zelanda, che capiscono che avendo delle nuove grandi conurbazioni,  come quella cinese e indiana,  che tendono ad essere centrali.

 

Ecco che il ruolo dell'Europa cambia completamente e cambia quindi anche la grande caratteristica dell'Europa, proprio le città.

In Europa ci sono più di 200 città di medie dimensioni.  In Cina ne nasceranno circa 100 nei prossimi trenta anni, tutte intorno al milione o un  milione e mezzo di abitanti,  quindi l'Italia e l'Europa e le città italiane,  le città europee devono cercare di capire se vogliono essere maestre,  insegnanti,  sorelle o accompagnatrici di queste nuove città che nascono o se invece vogliono prestare il fianco al declino. 

Su che cosa devono puntare, come possono migliorarsi? Ma innanzitutto passando dal secolo della quantità della massa, come diceva Elias Canetti nel novecento,  nel secolo della qualità e quindi puntando molto sulla qualificazione e riqualificazione delle proprie aree, non è mai casuale e contraddittorio il fatto che ci sia una diretta relazione fra il bello dei territori e la qualità dei territori,  non basta richiamare alla mente Platone per aver chiaro che “kalos  ed  aghatos” devono stare insieme.

 

Nel caso specifico io credo che per Torino la capacità di far rinascere circa tre milioni di metri quadri da un lato,  abbia avuto un grande impatto economico e da un lato un grande impatto sociale visivo.

I cittadini stanno meglio,  vivono la città più bella e quindi immaginano più futuro per loro per i loro figli,  nonostante un contesto internazionale e globale che li porterebbe a pensare il contrario. 

Per una città come Napoli, che io amo e che ho visitato e nella quale ho lavorato ai tempi iniziali, in cui ero direttore del Salone del Libro di Torino e quindi ho dialogato con Galassia Gutenberg, io personalmente auspico questa  capacità di guardare al bello,  ma non al bello in senso estetico,  ma al bello in senso etico. 

Aree come Bagnoli,  aree come il lungomare con tutti gli attracchi,  le partenze,  gli arrivi per Ischia e per Capri,  aree come la grande zona metropolitana collegata con la circumvesuviana da Ercolano a Portici,  aree straordinarie che devono trovare nella bellezza,  la capacità di essere attrattive,.

Napoli può essere una grande Porta del Mediterraneo,  ma lo sarà solo se i cittadini e le istituzioni collaboreranno insieme e non si sentiranno distanti e credo che mai come in questo momento ci sia un gap a livello nazionale, nel rapporto tra cittadini e istituzioni. 

 

Per Torino è stato fondamentale aver un grande evento come quello del 2006,  tanto che in occasione  del 150° dell'Unità d’Italia,  noi ne stiamo producendo uno nuovo,  più lungo e più denso.  Le Olimpiadi sono durate,  includendo anche le Para-Olimpiadi che hanno avuto una certa importanza dal punto di vista dell'immaginario,  non soltanto nel dedicarsi ai grandi campioni dello sport tradizionali,  ma anche nel dedicarsi, per esempio, ai campioni di sport con dei problemi fisici, è stato molto rilevante per noi.

 

Il 2011 non durerà 3 mesi,  durerà circa 7 mesi, andrà dal 17 marzo al 20 novembre.  Sarà su un programma nazionale molto diffuso, che ha anche ancora qualche problema ad essere definito,  ma intanto noi ci sentiamo abbastanza la città leader.

Portiamo avanti anche abbastanza autonomamente il nostro progetto,  che non è un progetto di produzione di Torino del Piemonte,  ma proprio un progetto che si chiama,  non a caso “Esperienza Italia” nel corso del quale vogliamo raccontare “tutto” di quanto l'Italia sta producendo, anche in tutte le sue province e regioni,  sia a livello manifatturiero sia a livello di software  e materiali leggeri.

 

Io credo che per Napoli l'occasione del 2013 sia un occasione molto forte,  ho visitato e dialogato molto con gli amici di Barcellona,   prima e durante la realizzazione del Forum delle Culture 2004,  per loro era la vera grande occasione dopo le Olimpiadi,  non a caso hanno rimesso a posto e chiuso e concluso il percorso della  Diagonal di Cerdà.  Hanno portato al mare  il centro della città. Hanno anche  fatto delle grosse speculazioni edilizie,  d'accordo, con grandi operatori americani,  per esempio hanno realizzato lo straordinario Centro Congressi,  diventato il principale centro congressi d'Europa,  non a caso già nel 2004 hanno fatto tutto questo, sopra la discarica,  hanno messo la qualità sopra,  quanto si doveva buttare via.

Mai come oggi questo esempio sia fondamentale per un territorio come  Napoli che è stata sommersa a livello mediatico, anche ingiustamente, da tutto quello che è stato la discussione ed il dibattito sulla spazzatura,  sui rifiuti,  credo anche sia stato un forte pretesto per definire il ruolo di quel territorio, non che il problema non ci fosse, non ci sia, ma una cosa e trattarlo come realtà e una cosa è ingigantirne la percezione, per farlo diventare proprio una specie di casus belli.

 

 

Credo quindi che Napoli dovrebbe fortemente puntare sul 2013 scegliere l'area,mi sembra che quella prevista sia ancora l’area occidentale, ma scegliere un’area dovrebbe essere una condizione di sviluppo complessivo.  Io credo che dovrebbero lavorarci tutti i più bravi giovani under 30, proprio per chiedere a una generazione di fare un salto, che non dovrebbe essere un salto nel buio. Dovrebbe essere forse più che un salto, un tuffo in un’acqua più pulita, in  acque meno insidiose.

Innanzitutto, se è possibile,  noi saremo a disposizione per questo percorso.

Io credo che almeno all'inizio il governo abbia una grossa responsabilità, la nazione dovrebbe avere una grossa responsabilità, dovrebbe far si che queste politiche delle singole città e delle singole aree metropolitane diventassero una politica nazionale, che è la politica per le città .

 

Ribadisco Torino 2011, Napoli 2013, Milano 20015, Roma nel 2016 o 2020, Bari fin da subito con il recupero del Petruzzelli,  Palermo e Catania che dovrebbero rilanciare la grande trasformazione che li aveva distinti all'inizio degli anni ’90, con il recupero del Teatro dell'Opera, piuttosto che dei quartieri della Zisa, 

 

L'Italia ha veramente straordinarie capacità e possibilità, forse per una volta si dovrebbe provare a dimenticare la politica,  si dovrebbe metterla da parte e non stare ad ascoltarla,  quasi a non raccontarla e metterci solo la nostra buona volontà,  la nostra voglia di fare.  E’ difficile, forse non si può vivere senza politica o forse si può vivere senza politici,  il che non sarebbe il peggiore dei mali.