"...In una sorprendente analogia con le crisi che portarono al suo esilio nel ’300, Dante Alighieri può essere oggi la guida nel nostro percorso verso la sopravvivenza e verso l’apertura delle possibilità che si presentano solo allorché si “riconosce” e si attiva il contatto con le fonti delle potenzialità. La famigerata testimonianza letterario-mediatica moderna dell’apertura delle porte della percezione da parte dell’inglese, naturalizzato statunitense, Aldous Huxley, degli anni ’50, va ridimensionata: se nel mondo anglo-sassone l’attenzione era sul superare i limiti dei quadri ristretti di riferimento con l’apertura delle porte della percezione ed accedere alla ricchezza della pluralità, da noi invece si è ripetuto nei secoli il problema dell’ adeguamento, “adequatio rei et intellectus”, alla pluralità e al parlamento delle cose. Per noi e per i sud del mondo che già viviamo in universi di per sé già aperti, multipli, plurali e conflittuali, c’è necessità da sempre di acquisire anche e soprattutto capacità di contenimento e orientamento. La proposta di Dante, radicata in un’ontologia potente e robusta, è uno degli eventi se non “l’evento” fondante la nostra civiltà: non si tratta della semplice proposta letteraria della psichedelia pragmatica anglo-sassone verso un “espansione della coscienza”. Il nostro percorso originario di edificazione di civiltà, che è l’embodiment dell’anima, invece, è psicolitico e maieutico solo preliminarmente. A questa prima fase propedeutica, infernale, già in corso nella nostra esistenza globalizzata, fa seguito una successiva in cui il percorso diventa incorporato e terrestre, perché “situato” nei tempi e negli spazi: consiste in un’emancipazione dal modo tipico di essere e dal “carattere”, apparati e costrutti che contengono tutto il ciarpame inutile e fuorviante di tutto ciò che è tipico, locale, nazionale, convenzionale e buona parte delle relative convinzioni su cui ciascuno costruisce indipendentemente la realtà e la verità, senza preoccuparsi di verificarla con gli altri. Anche questo percorso dantesco 2.0 dei nostri anni ’20 si origina dall’inferno della sofferenza, dal processo del de-identificarsi e poi del dissociarsi da modi di essere che non ci appartengono, che non abbiamo desiderato, che abbiamo tanto devotamente accolti in delega da altri per meglio adattarci, fino ad arrivare al punto di allucinarli come nostri e caratteristici della nostra essenza. L’emancipazione che deriva dalla riconquista di questa capacità di meta-linguaggio e di meta-comunicazione è la base della civiltà e dell’arte: la proposizione del nostro reset..." Raffaele Cascone
da Jazz Reset - 2022 MUMAG Music Magazine