NARRARE NAPOLI E LO SPAZIO EUROMEDITERRANEO
Tutto è in trasformazione. Tutto cambia. Cambiano i significati delle cose e delle persone. E’ come se ci fosse una dissolvenza dei significati, delle identità, delle cose, delle persone e dei territori. Ognuno di noi rischia di non essere letto per quello che era sino ad ora e quindi ognuno di noi è costretto a ricostruire la sua identità, la sua posizione nel mondo, non da soli ovviamente, ma in relazione alle altre trasformazioni di singoli e processi collettivi. Insomma siamo in un cambio d’epoca, in una fase di profonda trasformazione, come si suol dire.
Questo profondo processo, come va affrontato? Da soli, insieme agli altri? Ma chi governerà questo processo? Con quali mezzi? Quanti gradi di libertà esisteranno per permettere ad ognuno di noi di avviare questa “necessaria” trasformazione nella piena libertà? Ma esiste questa libertà, oppure è uno slogan vuoto?
Di certo la trasformazione non la chiede la singola persona,ma una serie di combinazioni politiche, produttive, economiche, socio-tecnologiche ed ambientali che spingono le società a cambiare, in questo caso è il pianeta intero a dover cambiare, nel suo procedere, nelle sue modalità di vivere il suo “Tempo”.
Ma quali sono state le categorie, le sezioni, le classi, le tecnologie, i fenomeni che hanno spinto ad andare in questa direzione? E ciò vale per tutti o solo per una parte del pianeta? Questo appartiene alla storia degli ultimi decenni, al giornalismo, alla ricerca, alle discipline scientifiche più in generale. Quali sono i punti deboli nell’attraversare questo bisogno di capire come ci siamo arrivati? La debolezza è nel non saper già intravedere i nuovi punti di vista con cui guardare al passato. Infatti è già nel presente che guarda al passato, che s’intravede qualche minima possibilità d anticipare il futuro. In questo caso la nostra considerazione ed esperienza del “Tempo” è fondamentale. Come considerare il mio e nostro presente, il mio e nostro passato, il mio e nostro futuro? In questo intreccio si giocano le nuove coordinate della “trasformazione”. Dobbiamo già essere futuro, o nel presente dobbiamo far coincidere passato-presente-futuro?
Se non definisco prima queste coordinate è inutile andare avanti. Ovviamente questa coincidenza o coesistenza temporale non potrà mai essere concepita come modello fisso ed univoco, ma esso stesso nel nuovo “Tempo”.
In questo caso vedo già in pericolo le coordinate scientifiche della filosofia, della sociologia, della psicologia, della geopolitica umana e di tutte le discipline coinvolte nel descrivere questo passaggio. Ma questa constatazione non è nulla di particolare, descrive già ciò che è in corso, ma forse non registrabile in tutta la sua complessità. Ciò ci costringe ad abbandonare il tutto? A ritagliarci uno spazio circoscritto? Oppure basta riferirsi alla propria esperienza, alla propria biografia singola e collettiva? Forse siamo, ognuno di noi, obbligati a partire da se stessi, perché è il proprio nostro corpo, la nostra mente, la nostra identità, che dobbiamo portare dall’altra parte, trasformata, ma fedele a se stessi, senza invasioni extra corporee e mentali. Come narrare questo passaggio, con quali mezzi e linguaggi? Ma questa scelta non è già essa stessa un traguardo? Deve avvenire nella continuità o con rotture radicali e catastrofiche? Ecco ciò che è in profonda trasformazione è innanzitutto la “narrazione” della nostra realtà. Intanto iniziamo a definire le coordinate di questa possibile navigazione. Iniziamo ad elencare le piattaforme già in movimento, quelle che già sono impegnate ad inserire grandi pesi nella trasformazione.
Ad esempio sarebbe opportuno individuare le modalità con cui si è sviluppata una delle tante discipline che narrano la città, quella fisica, il luogo principe della nostra memoria e della crescita della nostra civiltà urbana. Parliamo degli interventi architettonici, in particolar modo di quella ottocentesca, per meglio agire sulla città contemporanea. Bisogna basarsi sulla conoscenza non solo dei sistemi formali interni all’oggetto, ma del modo in cui, storicamente, si è realizzato il rapporto tra costruzione delle forme e bisogni sociali di trasformazione dell’ambiente fisico.
Il ruolo dell’analisi urbana – dello studio sulla formazione della città capitalistica, moderna e contemporanea – è allora quello di rileggere, da un punto di vista interno all’architettura, il rapporto tra trasformazioni economiche (rapporto tra rendita e profitto, ruolo della città nel sistema economico produttivo ecc.) e le risposte che vengono date, sia sotto forma di proposte che di interventi, dalla cultura architettonica e urbanistica europea, alle necessità di trasformazione delle città; in altri termini l’insieme degli strumenti, teorici e operativi, con cui l’apparato disciplinare si predispone a tali necessità; come tale rapporto venga storicamente definendo caratteri e ambiti disciplinari, quale sia oggi il campo-sperimentale di intervento dell’architettura, tenendo conto che oggi la leva di trasformazione non attiene solo alla dimensione della rendita urbana, ma anche a quella della produzione immaginaria che parti di città attivano. Per cui è importante capire come la narrazione attuale incide sulla struttura generale della città fisica, collegata a quella forse più incisiva della narrazione immaginaria, prodotta attraverso (riviste, guide, eventi espositivi, giornalismo, video, cinema, televisione, ecc.).
Per cui sembra opportuno analizzare la qualità della rete tecnologica che sovrasta la rete e la struttura territoriale delle aree urbane fisiche, stratificate e consolidate nel tempo; capirne i limiti ed i confini effettivi che dividono queste realtà dal proprio intorno o sulla qualità delle relazioni che sussistono tra le diverse realtà. Valutarne le vecchie trasformazioni alla luce di quello che sta succedendo e pesare in forme quanto più precise e chirurgiche, il grado qualitativo e quantitativo dei cambiamenti od usi di parti ben precise ed omogenee nelle città odierne.
Per quanto ci riguarda sarebbe opportuno definire delle piattaforme omogenee anche dal punto di vista geopolitico- territoriale. Quindi limitarsi alla piattaforma delle città europee, tra nord e sud, est-ovest: Parigi, Londra, Amsterdam, Berlino, Vienna, Milano, Torino, Barcellona, Madrid, Roma, Napoli, Atene, ecc., per poi confrontarle con altre piattaforme omogenee come quelle del nord e sud america, sud-est asiatico, africane, ecc.
Ampie nuvole incombono sullo storico immaginario riguardante la narrazione sul mediterraneo.
E’ da tempo che questo “luogo” topico della civiltà occidentale richiede una sua nuova ri-collocazione semantica, sul tavolo della più grande tavolozza geoculturale a scala planetaria. Da qui è iniziato tutto, sin dalle origini, la nascita delle prime esperienze urbane, delle prime religioni, delle prime forme di politica e conseguentemente della democrazia, quest’ultima ha poi sviluppato prima le città, le esperienze regionali, gli stati nazionali ed ora si assiste alla frantumazione di questo equilibrio. Nuovi soggetti imperiali sono emersi negli ultimi due secoli, che hanno rimesso in forte discussione i vecchi equilibri, almeno quelli ereditati dalla grande rivoluzione capitalistica di fine ottocento.
E’ necessario capire cosa fare dei detriti di questo compimento storico, come ri-nominarli, ri-significarli, oppure abbandonare tutto per abbracciare una nuova epoca, una nuova civiltà, da fuori o da dentro, capace di andare oltre i vecchi “limes” e chi dovrà gestire questa nuova fase?
Per iniziare proponiamo una viaggio esperienziale su Vienna, che non può fare a meno di partire dalla sua ultima grande trasformazione sull’area urbana dell’intero Ring, grande salto d’innovazione urbana di natura ottocentesca, che ha prodotto al suo interno tutte le categorie disciplinari, strategiche e tecniche per rispondere alle esigenze dell’epoca. Differentemente da una Parigi che offre ancora magnificamente ai suoi ospiti la complessa struttura dei boulevard, segni strutturali della Parigi ottocentesca. Oppure da una Barcellona, da una Londra, da una Amsterdam, da una Napoli ecc., che mettono in vetrina il cuore pulsante delle loro ultime mosse d’innovazione urbana, manifesti di modernità e complesse relazioni con la propria storia.
Time Experience vuole navigare in questo mare tempestoso, della città euromediterranea, definire contiguità e differenze all’interno della propria piattaforma geo-territoriale, per meglio valutarne potenzialità di trasformazione ed indirizzi strategici comuni, necessari a definire meglio strategie di carattere politico- culturale ed urbanistiche più in generale.